Anagrafica completa per le operazioni black list Fra gli aspetti affrontati nel Forum di «Italia Oggi», anche le importazioni e i beni non territorialmente rilevanti
Durante il Forum organizzato, lo scorso 14 gennaio, da Italia Oggi con l’Agenzia delle Entrate, sono emerse alcune considerazioni sul tema della comunicazione delle operazioni intercorse con soggetti collocati in paradisi fiscali, di cui all’art. 1 del DL 40/2010. Le indicazioni appaiono preziose anche in vista della scadenza del 31 gennaio prossimo, termine entro il quale è possibile provvedere gratuitamente alla sistemazione (rettifica, integrazione, modifica) del contenuto degli invii effettuati in relazione al terzo trimestre 2010, oppure ai mesi da luglio a novembre 2010.
Tra le informazioni da inserire nelle comunicazioni in commento, sono anche menzionati i riferimenti anagrafici della controparte collocata in Paese black list, completa dell’eventuale numero identificativo fiscale o partita IVA, se esistente. Spesso tali dati non sono stati indicati, in quanto di difficile reperimento. Si è allora richiesto se tali incompletezze dovranno essere rettificate, oppure possa essere considerata sufficiente la compilazione con la ragione sociale e il luogo di sede o residenza.
A parere dell’Agenzia, i dati richiesti debbono essere correttamente indicati e, se mancanti, si configura una possibile violazione; appare dunque necessaria la rettifica. Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le omissioni commesse entro il 31 gennaio 2011, gli organi accertatori verificheranno, caso per caso, la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’esimente. Insomma, è possibile non fare nulla solo laddove si possa dimostrare che si è tentato in ogni modo, senza successo, di reperire le informazioni necessarie. Sul punto, si poteva auspicare una posizione più morbida.
Una casistica che spesso è stata oggetto di quesito riguarda, poi, le operazioni di acquisto o di cessione di beni non rilevanti territorialmente in Italia; in particolare, è stato richiesto se corre l’obbligo di segnalare gli acquisti di carburante effettuati in un Paese a fiscalità privilegiata. Correttamente, le Entrate rilevano che le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per autotrazione, effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in Paesi black list, in quanto operazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto, non sono soggette all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi territorialmente non rilevanti nello Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, in virtù di espressa previsione contenuta nell’articolo 3 del DM 5 agosto 2010. La conclusione, a parere di chi scrive, può essere opportunamente estesa anche alle cessioni di beni che si trovano allo Stato estero (art. 7-bis del DPR 633/72).
Sempre sul tema delle importazioni, è stato inoltre confermato che debbono essere segnalate anche le operazioni di reimportazione, a seguito di reso, di beni in precedenza ceduti a un operatore black list. Le stesse, infatti, costituiscono un’ipotesi di importazione non imponibile ai sensi dell’articolo 68 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Chiarito, infine, anche il caso delle istruzioni per la compilazione nel caso di note di variazione. Infatti, ove è scritto che l’importo delle operazioni attive va indicato “al netto delle note di variazione ricevute nel periodo”, mentre quello delle operazioni passive va indicato “al netto delle note di variazione emesse nel periodo”, deve essere inteso che le parole “ricevute” ed “emesse” sono state erroneamente invertite. Un pizzico di attenzione in più, onestamente, non guasterebbe.
Tra le informazioni da inserire nelle comunicazioni in commento, sono anche menzionati i riferimenti anagrafici della controparte collocata in Paese black list, completa dell’eventuale numero identificativo fiscale o partita IVA, se esistente. Spesso tali dati non sono stati indicati, in quanto di difficile reperimento. Si è allora richiesto se tali incompletezze dovranno essere rettificate, oppure possa essere considerata sufficiente la compilazione con la ragione sociale e il luogo di sede o residenza.
A parere dell’Agenzia, i dati richiesti debbono essere correttamente indicati e, se mancanti, si configura una possibile violazione; appare dunque necessaria la rettifica. Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le omissioni commesse entro il 31 gennaio 2011, gli organi accertatori verificheranno, caso per caso, la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’esimente. Insomma, è possibile non fare nulla solo laddove si possa dimostrare che si è tentato in ogni modo, senza successo, di reperire le informazioni necessarie. Sul punto, si poteva auspicare una posizione più morbida.
Una casistica che spesso è stata oggetto di quesito riguarda, poi, le operazioni di acquisto o di cessione di beni non rilevanti territorialmente in Italia; in particolare, è stato richiesto se corre l’obbligo di segnalare gli acquisti di carburante effettuati in un Paese a fiscalità privilegiata. Correttamente, le Entrate rilevano che le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per autotrazione, effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in Paesi black list, in quanto operazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto, non sono soggette all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi territorialmente non rilevanti nello Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, in virtù di espressa previsione contenuta nell’articolo 3 del DM 5 agosto 2010. La conclusione, a parere di chi scrive, può essere opportunamente estesa anche alle cessioni di beni che si trovano allo Stato estero (art. 7-bis del DPR 633/72).
Sulle importazioni, l’Agenzia si allinea inaspettatamente ad Assonime
In relazione alle importazioni, sia pure senza una chiarezza che invece pareva opportuna, si afferma che occorre indicare i dati della bolletta doganale e non quelli della fattura del fornitore estero. Sembra, insomma, che la stessa Agenzia delle Entrate, contrariamente a quanto indicato nella circ. n. 53/2010, abbia aderito alla tesi di Assonime, in forza della quale non si dovrebbe attribuire importanza alla fattura di acquisto del fornitore paradisiaco, anche quando registrata in un momento antecedente rispetto alla bolletta doganale. Se così fosse ufficialmente confermato, il compito degli operatori sarebbe assai più semplice, non dovendosi interrogare (nel caso di segnalazione della fattura di acquisto in assenza di bolletta doganale) sulla natura della operazione (fuori campo IVA o imponibile?) né sull’ammontare della stessa.Sempre sul tema delle importazioni, è stato inoltre confermato che debbono essere segnalate anche le operazioni di reimportazione, a seguito di reso, di beni in precedenza ceduti a un operatore black list. Le stesse, infatti, costituiscono un’ipotesi di importazione non imponibile ai sensi dell’articolo 68 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.
Chiarito, infine, anche il caso delle istruzioni per la compilazione nel caso di note di variazione. Infatti, ove è scritto che l’importo delle operazioni attive va indicato “al netto delle note di variazione ricevute nel periodo”, mentre quello delle operazioni passive va indicato “al netto delle note di variazione emesse nel periodo”, deve essere inteso che le parole “ricevute” ed “emesse” sono state erroneamente invertite. Un pizzico di attenzione in più, onestamente, non guasterebbe.