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Confermata la linea dura sul divieto di compensazione L’Agenzia delle Entrate precisa che il calcolo del limite di 1.500 euro deve tenere conto di sanzioni, interessi e aggi

Nel corso di Telefisco 2011, alcuni chiarimenti sono stati dedicati alla portata applicativa del divieto di compensazione dei crediti relativi ad imposte erariali in presenza di debiti erariali e relativi accessori iscritti a ruolo per un importo superiore a 1.500 euro.
Come noto, ai sensi dell’art. 31 del DL 78/2010, dal 1° gennaio 2011 è in vigore la disciplina che introduce ulteriori limiti alla compensazione dei crediti nel modello F24. Sulla tematica, l’Agenzia delle Entrate è già intervenuta con il comunicato stampa del 14 gennaio 2011, affermando l’inapplicabilità delle sanzioni, in presenza di particolari condizioni, sino all’emanazione del decreto ministeriale disciplinante la possibilità di pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte.

Con l’intervento di ieri, le Entrate hanno fornito rilevanti chiarimenti in merito alla disciplina in esame.
Tra le questioni in sospeso, viene anzitutto affrontato il tema dell’operatività del divieto per le cartelle già notificate prima dell’entrata in vigore della suddetta preclusione.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate precisa che il divieto di compensazione opera con riferimento alle cartelle già notificate nel 2010 e, più in generale, per tutte quelle il cui termine di pagamento sia già scaduto anteriormente al 1° gennaio 2011, data di entrata in vigore della nuova disciplina.
Con riferimento al calcolo del limite di 1.500 euro, l’art. 31 del DL 78/2010 dispone che “la compensazione è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori”.
Sul punto, le Entrate hanno chiarito che per “accessori” devono intendersi le sanzioni, gli interessi, gli aggi della riscossione e le altre spese collegate al ruolo, quali quelle di notifica della cartella o relative alle procedure esecutive sostenute dall’agente della riscossione.
Di conseguenza, per oltrepassare la soglia “limite” sarà sufficiente un debito erariale effettivo decisamente inferiore a 1.500 euro.
Confermata l’interpretazione restrittiva a regime
Riguardo, poi, all’applicabilità del divieto, nonostante la norma precluda l’utilizzo in compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali solo fino a concorrenza dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, l’Agenzia delle Entrate ribadisce che la disposizione in esame “è tesa a non consentire la compensazione immediata (e dunque il mancato versamento delle imposte dovute) a chi è nel contempo debitore di altri importi iscritti a ruolo che continua a non pagare”.
Pertanto, qualora i crediti disponibili siano superiori all’ammontare degli importi iscritti a ruolo e non pagati, la compensazione è preclusa anche per gli importi eccedenti.
Ad esempio, considerando un contribuente con un credito IVA compensabile di 10.000 euro e debiti iscritti a ruolo e non pagati per 4.000 euro, secondo l’Agenzia la compensazione è preclusa se il contribuente non assolve precedentemente al pagamento del debito scaduto di 4.000 euro; di conseguenza, nel caso in cui lo stesso effettui comunque la compensazione per 6.000 euro, verrà irrogata una sanzione di 2.000 euro, pari al 50% del debito iscritto a ruolo.
Tuttavia, resta fermo che, come già indicato dal citato comunicato stampa del 14 gennaio scorso, laddove la compensazione avvenga prima che sia emanato il suddetto decreto attuativo, le compensazioni effettuate in presenza di ruoli scaduti superiori a 1.500 euro non sono sanzionabili, sempre che l’utilizzo dei crediti non intacchi quelli destinati al pagamento dei ruoli scaduti.
In sostanza, attualmente è possibile compensare nel modello F24 i crediti eccedenti l’ammontare degli importi a debito iscritti a ruolo, mentre “a regime”, cioè dopo l’emanazione del previsto decreto attuativo, l’Agenzia delle Entrate conferma la linea dura.

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