La ripresa c’è, ma non basta a guarire il mercato del lavoro Lo sostiene il Ministero guidato da Maurizio Sacconi nella Nota Flash n. 1 pubblicata ieri, che sul punto traccia un bilancio nazionale e internazionale
È questo il primo ragionamento affrontato dal Ministero del Lavoro nella Nota Flash n. 1 di dicembre 2010, diffusa ieri.
L’analisi, relativa al terzo trimestre dell’anno appena concluso, tasta il polso del mercato del lavoro sul fronte nazionale e internazionale, soffermandosi sull’evoluzione dell’offerta e su precisi indicatori, quali le retribuzioni, le ore lavorate e il costo del lavoro, senza tralasciare il clima di fiducia delle imprese e delle famiglie, risultante da alcune indagini effettuate dall’ISAE.
Il Ministero sottolinea, innanzitutto, come la crescita sia più sostenuta nei Paesi emergenti, in particolare quelli asiatici, complice la buona salute dell’export (Cina) e della domanda interna (Giappone). E il trend prosegue, benché più moderato, anche nel terzo trimestre del 2010.
Considerevoli segnali di ripresa si registrano, inoltre, negli Stati Uniti, ma sul buon esito del recupero continuano a incidere negativamente la debolezza del mercato del lavoro (con il tasso di disoccupazione stabile al 9,6%), il difficile accesso al credito e il sempre più ridotto effetto degli interventi di stimolo fiscale e degli incentivi all’acquisto immobiliare.
Nell’area euro, crescita debole a causa dello scarso reddito familiare
Nel complesso, l’area euro è invece contraddistinta da una crescita “debole e molto diversificata”: più consistente in Germania (2,3% nel secondo trimestre 2010, 0,7% nel terzo), contenuta in Italia e Francia, nulla in Spagna. Nel nostro Paese pesa la fragilità della domanda interna, che – unita alla contrazione degli investimenti – mitiga i buoni risultati dell’export (2,8%). In generale, l’area euro risente del calo del reddito disponibile reale delle famiglie, a sua volta connesso alle dubbie sorti dell’occupazione, alla ridotta ricchezza finanziaria, alla contrazione dei prezzi immobiliari e, infine, alla scarsa disponibilità del credito al consumo.Intanto, dopo aver toccato i minimi storici, torna ora a rinvigorirsi la fiducia riposta nel futuro da parte di famiglie e imprese.
Per quanto riguarda le stime sull’occupazione, il mercato del lavoro, nell’intera Unione europea, si è mediamente stabilizzato. In alcuni Paesi (Belgio, Germania, Francia, Regno Unito e Polonia) il valore torna a crescere, mentre altri (Spagna e Irlanda) devono accontentarsi di una caduta “rallentata”.
Quanto al tasso di disoccupazione nell’area euro e nell’UE, ammonta rispettivamente al 10% e al 9,6%, rimanendo alquanto distante dalle percentuali pre-crisi (7,6% nel quarto trimestre 2007). Ma è soprattutto a causa delle difficoltà nel settore edile che Paesi come la Spagna e l’Irlanda presentano un tasso pari al 20,5% e al 13,9%. Seguono la Grecia (12%) e il Portogallo (11,1%).
La Germania, al contrario, può fregiarsi del proprio 6,7%, forte dei provvedimenti di contrasto alla crisi messi in campo dal governo, fra cui il sostegno all’orario breve, la riduzione del numero di ore lavorate e il maggiore coinvolgimento femminile nel mercato del lavoro.
Ancora diverso il caso dell’Italia (8,3%), della Francia (9,9%) e del Belgio (8,6%): secondo il Ministero, nei citati Paesi gli incrementi del tasso di disoccupazione sono esigui, “e spiegabili in parte con la riduzione dell’offerta di lavoro, dovuta a un aumento dei lavoratori scoraggiati e in alcuni casi all’espansione dell’occupazione a tempo parziale”.
Nel nostro Paese, sono le Regioni del Mezzogiorno a subire il maggiore calo dell’occupazione (-0,7%), contro una media nazionale pari a -0,2% (riduzione di 57mila unità). Purtroppo, il settore ancora una volta più sofferente è quello delle costruzioni, in caduta libera (-1,4%).
In ordine alle tipologie di rapporto lavorativo, aumentano i lavoratori autonomi (+0,4%) e diminuiscono i dipendenti (-1,4%), specialmente nell’industria (-3,9%). Il calo complessivo riguarda, inoltre, i contratti a tempo indeterminato (-1,7%) e a tempo pieno (-2,7%), in lieve aumento quelli a termine (+0,5%).
Resta da sottolineare, infine, l’ingente tasso di disoccupazione giovanile, concernente cittadini di età compresa fra i 15 e i 24 anni: aumentato di altri 1,2 punti percentuali, ha ormai raggiunto il 24,7%. La percentuale è massima per le donne del Mezzogiorno (36%), minima per gli uomini del Nord-Est (13,9%).