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Reverse charge d’obbligo anche con fattura con IVA Da Telefisco 2011 nuovi chiarimenti anche sulle novità applicabili dal 2010 in tema di territorialità

Da Telefisco 2011 arrivano nuovi chiarimenti in materia di territorialità e di “reverse charge”.
Un primo chiarimento riguarda le modalità di recupero dell’imposta per le operazioni di natura finanziaria con controparte extracomunitaria. Nello specifico, tali operazioni, se rese nei confronti di “privati” stabiliti fuori della Comunità, benché escluse da IVA in quanto extraterritoriali, consentono l’esercizio del diritto di detrazione ai sensi dell’art. 19, comma 3, lett. a-bis), del DPR n. 633/1972.

Le stesse operazioni, seppure esenti, non possono essere considerate “operazioni ad aliquota zero” ai fini del presupposto previsto, per il rimborso, dall’art. 30, comma 3, lett. a) del DPR n. 633/1972. L’imposta assolta a monte può essere, tuttavia, chiesta in restituzione sulla base del (diverso) presupposto di cui alla lett. d) del terzo comma dell’art. 30, laddove il soggetto passivo effettui prevalentemente operazioni extraterritoriali, quali quelle in esame.
Un secondo chiarimento ha per oggetto il trattamento IVA dei biglietti aerei acquistati da una compagnia aerea non residente, identificata ai fini IVA in Italia. L’acquirente italiano, soggetto passivo, che riceva la fattura con addebito dell’imposta, è tenuto a non annotarla nel registro degli acquisti e, conseguentemente, a non esercitare la detrazione della relativa imposta, pena l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dal comma 9-bis dell’art. 6 del DLgs. n. 471/1997.
Trattandosi, infatti, dell’acquisto di un servizio soggetto all’obbligo di reverse charge”, il committente italiano deve ignorare la fattura ricevuta e provvedere, in via autonoma, ad emettere l’autofattura prevista dall’art. 17, comma 2 del DPR n. 633/1972, che andrà successivamente registrata; la compagnia aerea può rettificare la fattura erroneamente emessa con la procedura di variazione di cui all’art. 26, comma 3 del DPR n. 633/1972, quindi nel rispetto del termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile originaria.
Una ulteriore precisazione riguarda la territorialità IVA delle prestazioni di deposito delle merci in altro Paese membro. Atteso che tali prestazioni non possono essere classificate nell’ambito dell’art. 47 della Direttiva n. 2006/112/CE, riferito ai servizi relativi a beni immobili, le stesse sono attratte a tassazione in Italia, ove è stabilito il committente, soggetto passivo.
Precisata la territorialità IVA delle prestazioni di deposito delle merci
Analogamente al caso precedentemente esposto, ancorché il prestatore estero assoggetti (erroneamente) ad imposta l’operazione, è obbligatorio, per la controparte italiana, emettere autofattura in applicazione dell’obbligo previsto dal citato secondo comma dell’art. 17 del DPR n. 633/1972.
Infine, è stato esaminato il caso del gestore del deposito IVA che intende addebitare le spese di deposito al soggetto passivo stabilito in altro Paese membro. In tale ipotesi, nella fattura, la cui emissione è obbligatoria ai sensi dell’art. 21, comma 6, del DPR n. 633/1972, deve essere riportato non solo che l’operazione è esclusa da imposta, ma anche la relativa norma di riferimento; quest’ultima non è l’art. 50-bis del DL n. 331/1993, che si riferisce alla disciplina dei depositi IVA, bensì l’art. 7-ter del DPR n. 633/1972, dato che l’imposta non è dovuta, in Italia, in difetto del presupposto territoriale.
L’importo della fattura non dovrà essere incluso nella base imponibile sulla quale applicare l’imposta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito da parte del rappresentante fiscale italiana del soggetto non residente. Trattandosi, infatti, di una prestazione extraterritoriale, la stessa non può essere tassata neppure in sede di estrazione della merce dal deposito.

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