Risarcibile il danno per «scomparsa» del numero telefonico dall’elenco La Cassazione ha riconosciuto a un professionista il danno da perdita degli affari e quello all’immagine professionale
Per l’esclusione del numero telefonico dello studio di un professionista dall’elenco telefonico stesso e dal servizio dell’elenco abbonati va risarcito il danno patrimoniale da perdita degli affari e quello relativo alla lesione all’immagine professionale.
È quanto stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 1418 del 21 gennaio 2011.
Una società telefonica veniva condannata dalla Corte d’Appello (in riforma della decisione del Tribunale) al pagamento della somma di euro 70.000 in favore di un avvocato, a titolo di risarcimento dei danni per il disservizio provocato dalla società sulle utenze telefoniche intestate allo studio dell’attore. Avverso tale decisione proponeva ricorso la società telefonica.
La Suprema Corte conferma quanto statuito dalla Corte territoriale, rigettando il ricorso della società telefonica con condanna al pagamento delle spese, sulla base delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto, con motivazione adeguata, i giudici d’appello hanno riconosciuto che l’omessa inclusione del numero dello studio del professionista nell’elenco telefonico e nel servizio dell’elenco abbonati era in contrasto con gli accordi intercorsi con il gestore. L’unica informazione accessibile, infatti, era quella relativa al numero di fax.
Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente, sulla base delle dichiarazioni rese, il nesso di causalità tra il disservizio e la riduzione di lavoro contestata dal professionista. Quindi, la Corte ha ritenuto provato il danno patrimoniale da perdita degli affari (nel caso di specie, le dichiarazioni dei testimoni avevano confermato che, proprio a causa del disservizio telefonico, si erano rivolti ad altri studi per affari urgenti).
A parere della Cassazione, infine, la Corte d’Appello ha provveduto correttamente alla liquidazione del danno in via equitativa. Infatti, provata l’esistenza del danno, si può fare ricorso alla valutazione equitativa sia quando la stima precisa dell’entità risulti impossibile, sia quando, in relazione al caso concreto, la determinazione sia “difficoltosa”. E nel caso in oggetto – specifica la Suprema Corte – “la liquidazione del danno non poteva essere effettuata che in via equitativa”.
È quanto stabilito dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 1418 del 21 gennaio 2011.
Una società telefonica veniva condannata dalla Corte d’Appello (in riforma della decisione del Tribunale) al pagamento della somma di euro 70.000 in favore di un avvocato, a titolo di risarcimento dei danni per il disservizio provocato dalla società sulle utenze telefoniche intestate allo studio dell’attore. Avverso tale decisione proponeva ricorso la società telefonica.
La Suprema Corte conferma quanto statuito dalla Corte territoriale, rigettando il ricorso della società telefonica con condanna al pagamento delle spese, sulla base delle seguenti considerazioni.
Innanzitutto, con motivazione adeguata, i giudici d’appello hanno riconosciuto che l’omessa inclusione del numero dello studio del professionista nell’elenco telefonico e nel servizio dell’elenco abbonati era in contrasto con gli accordi intercorsi con il gestore. L’unica informazione accessibile, infatti, era quella relativa al numero di fax.
Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto sussistente, sulla base delle dichiarazioni rese, il nesso di causalità tra il disservizio e la riduzione di lavoro contestata dal professionista. Quindi, la Corte ha ritenuto provato il danno patrimoniale da perdita degli affari (nel caso di specie, le dichiarazioni dei testimoni avevano confermato che, proprio a causa del disservizio telefonico, si erano rivolti ad altri studi per affari urgenti).
Il disservizio può dare alla clientela un’immagine di scarsa efficienza
Ma non solo: i giudici hanno ritenuto provato anche il danno relativo alla lesione all’immagine professionale sotto il profilo dell’avviamento, per l’effetto di opinione negativa determinato sulla clientela. Invero – spiegano i giudici – ad offrire una “immagine poco efficiente e poco affidabile” dello studio e del professionista è stata proprio la dotazione di una sola linea di telefono-fax. Immagine ancor più “negativa”, se si considera che, nel caso di specie, si trattava di uno studio di avvocato penalista, per il quale l’efficienza e l’affidabilità si rapporta anche alla facile reperibilità per le emergenze e urgenze tipiche di questo lavoro.A parere della Cassazione, infine, la Corte d’Appello ha provveduto correttamente alla liquidazione del danno in via equitativa. Infatti, provata l’esistenza del danno, si può fare ricorso alla valutazione equitativa sia quando la stima precisa dell’entità risulti impossibile, sia quando, in relazione al caso concreto, la determinazione sia “difficoltosa”. E nel caso in oggetto – specifica la Suprema Corte – “la liquidazione del danno non poteva essere effettuata che in via equitativa”.