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2010 «annus horribilis»: 11mila imprese fallite, ma ci sono segnali di ripresa Rispetto al 2009, i casi di bancarotta sono cresciuti del 20%. Secondo uno studio di Cerved Group, però, il peggio della crisi è ormai alle spalle


2010 «annus horribilis»: 11mila imprese fallite, ma ci sono segnali di ripresa

Rispetto al 2009, i casi di bancarotta sono cresciuti del 20%. Secondo uno studio di Cerved Group, però, il peggio della crisi è ormai alle spalle

Sono 20mila le imprese italiane fallite dall’inizio della crisi, di cui oltre 11mila solo nel 2010. È quanto rileva il più recente “Osservatorio sulla crisi d’impresa”, diffuso ieri da Cerved Group, che al contempo evidenzia sensibili segnali di ripresa: “Gli ultimi dati – spiega infatti la società di business information – sembrano suggerire che la fase più difficile sia alle spalle” e che possa dunque verificarsi un’“inversione di tendenza nei prossimi mesi”.
Gran parte delle speranze sono riposte nei dati relativi al quarto trimestre 2010, che ha vistocalare i fallimenti del 9% rispetto al “picco” del trimestre precedente, pur superando dell’11% il valore registrato nel quarto trimestre 2009. La corsa dei fallimenti, finora inarrestabile, sembra quindi rallentare e concedere all’imprenditoria maggiore respiro.
Intanto, prosegue la conta dei danni. Il 2010 è stato un anno decisamente negativo, sul fronte delle procedure fallimentari: con oltre 11mila “crack”, il 20% in più rispetto al 2009 (a sua volta a +25% sul 2008), l’anno scorso ha totalizzato il valore più elevato dell’ultimo quinquennio. Da quando, cioè, è intervenuta la riforma della disciplina sulla crisi d’impresa.
La congiuntura sfavorevole colpisce soprattutto le società di capitali che, dal 2008, coinvolgono il numero più alto di procedure e mostrano un notevole tasso di crescita dei fallimenti (+27,5% nel 2009, +23,2% nel 2010). Frenata brusca, invece, per l’aumento dei fallimenti tra le società di persone: +10% nel 2010, contro il +22,9% del 2009.
Quanto alla tipologia, ancora una volta è il comparto industriale a pagare, per questa crisi, il conto più alto: 5mila le imprese manifatturiere dichiarate fallite fra il 2009 e il 2010, in particolare nel settore dei mezzi di trasporto (+44%).
Con 4mila imprese fallite, segue a ruota l’edilizia, confortata da un 2010 meno rigido (+15%, a fronte del +34% del 2009). Da non sottovalutare, poi, come oltre un terzo delle 20mila procedure segnalate nel biennio 2009-2010 abbia riguardato imprese attive nel commercio, negli esercizi ricettivi, nelle comunicazioni e nei trasporti, seppure con un aumento più contenuto del numero di fallimenti (+17,1% l’anno scorso).
Si attenuano, inoltre, le differenze fra aree geografiche, che vedono assottigliarsi il divario tra Nord e Sud del Paese. L’anno scorso, gli incrementi hanno oscillato dal 21,5% del Nord-Ovest (era +35% nel 2009) al 17,4% del Sud e delle Isole, passando per il 20,9% del Centro e il 18,4% del Nord-Est. Se le Regioni settentrionali restano le più colpite si deve, in primis, alle 4mila imprese fallite della Lombardia; l’incidenza dei fallimenti in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, infatti, si colloca al di sotto della media nazionale.
“Insolvency ratio” più alta per le società di medie dimensioni
Da ultimo, il grafico per dimensione d’impresa rimarca due aspetti interessanti. In primo luogo, la maggior parte dei fallimenti concerne piccole imprese, ossia quelle con un attivo inferiore a 2 milioni di euro; ma il ritmo di crescita è, viceversa, direttamente proporzionale alle dimensioni dell’impresa stessa, arrivando al 105,6% nelle società con attivo superiore a 50 milioni di euro.
In secondo luogo, l’incidenza dei fallimenti sul totale delle imprese operative (il c.d.insolvency ratio, IR) si è rivelata più alta per le società con attivo compreso fra 2 e 10 milioni, seguite da quelle della fascia immediatamente superiore (10-50 milioni).
Ad ogni modo, la fase più critica pare superata. Un’impressione suggerita dai dati del quarto trimestre 2010, ma anche “rafforzata – spiega l’ad di Cerved Group, Gianandrea De Bernardis– dalla più lenta dinamica dei concordati preventivi osservata nell’anno: il concordato è, infatti, uno strumento che, rispetto all’istituto fallimentare, è utilizzato in una fase in cui la crisi dell’impresa è in uno stadio meno avanzato e, quindi, ha un carattere più congiunturale”

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