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Cedolare secca: aggiornamento del canone possibile dopo la revoca

Cedolare secca: aggiornamento del canone possibile dopo la revoca

Non sembrano esserci ostacoli all’aggiornamento, che decorre dall’annualità in cui è revocata l’opzione
 L’applicazione della cedolare secca sugli affitti non riguarda solo i calcoli di convenienza o meno, ma, nella pratica, si presentano alcuni dubbi che attualmente assillano la mente degli

operatori.
È noto che l’art. 3 del DLgs. n. 23/2011 dispone circa la possibilità per il locatore, persona fisica, proprietario o titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, di optare per l’applicazione del regime della cedolare secca. Detto regime prevede che il canone di locazione concernente i contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, può essere assoggettato ad una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. La “tassa piatta” sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti si applica l’aliquota del 21%, mentre, per i contratti stipulati secondo le disposizioni contenute nella L. n. 431/1998 (c.d. “canone concordato”), l’aliquota della cedolare secca scende al 19%.
Un aspetto importante dell’opzione per l’applicazione della cedolare secca attiene alla rinuncia alla facoltà di aggiornamento del canone. In sostanza, il punto 1.5 del provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011, richiamando il comma 11 del citato art. 3, stabilisce che il locatore è obbligato, a pena dell’inefficacia dell’opzione, a comunicare al conduttore, preventivamente con lettera raccomandata, la rinuncia, per il periodo di durata dell’opzione, alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone anche se prevista nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente.
Sul punto, ci si interroga sulle conseguenze in caso di revoca dell’opzione. Infatti, il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui questa è stata esercitata entro il termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro concernente l’annualità di riferimento, comportando questo il versamento dell’imposta stessa. In altri termini, una volta revocata l’opzione, i dubbi sono due, vale a dire se è possibile aggiornare il canone e da quando si deve calcolare l’aggiornamento. Sul primo aspetto, si ritiene che l’aggiornamento del canone possa essere effettuato, dato che il divieto vige solo “per il periodo corrispondente alla durata dell’opzione” e non per quello senza scelta del regime agevolato. Sul secondo dubbio, si è del parere che l’aggiornamento del canone, compresa la variazione ISTAT, decorre dall’annualità in cui è revocata l’opzione. In proposito il canone, sul quale calcolare la variazione, è quello risultante dal contratto non attualizzato per effetto del periodo in cui vigeva l’opzione per la cedolare secca.
Sempre in tema di aggiornamento del canone, occorre focalizzare l’attenzione anche sul punto 5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Trattasi della locazione di unità abitativa con relativa pertinenza di proprietà di due o più locatori, i quali congiuntamente detengono un contratto di locazione. In questo caso, l’opzione per l’applicazione della cedolare secca ha effetto solo in capo ai locatori che la esercitano. Sull’argomento, il punto 5.2 del citato provvedimento chiarisce che coloro che non optano sono tenuti al versamento dell’imposta di registro sulla parte del canone di locazione imputabile in base alle quote di possesso. Inoltre deve essere assolta l’imposta di bollo sul contratto di locazione.
Nulla viene detto in merito all’aggiornamento del canone. Si tratterebbe, in sostanza, di capire se la parte del canone non soggetta ad opzione può essere oggetto di variazione o meno. Dall’esame della normativa, sembra non ci siano ostacoli all’aggiornamento del canone, che deve essere calcolato sulla parte corrispondente alla quota di proprietà dell’immobile locato. In pratica, il locatore comproprietario dell’immobile locato che non opta per l’applicazione della cedolare secca, può chiedere l’aggiornamento del canone come previsto dalla legge. Stante, quindi, il dettato normativo, sullo stesso immobile abitativo locato, parte del canone previsto contrattualmente può subire un aggiornamento, mentre, la rimanente quota rimane invariata.
Per completezza di argomento, si segnala che coloro che si trovano in questa fattispecie, devono redigere il modello 69 per la registrazione del contratto di locazione, in quanto il modello “Siria” può essere utilizzato solo nel caso in cui tutti i locatori esercitano la scelta per la cedolare secca.

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